L’eurogruppo dopo lunghissimi meeting ha partorito un topolino, divergenze malcelate sulle soluzioni e gli interventi per il salvagente economico che dovrà essere messo in atto per salvare l’Europa da una profonda recessione. Tra MES e un nuovo strumento che al momento è stato definito vagamente come recovery fund, dovrebbero affiancare gli interventi BEI per le aziende. Interventi che sommati dovrebbero valere circa 500 miliardi.
Per l’italia è tutto sul tavolo, un MES a disposizione che andrebbe attivato su richiesta per circa 35 miliardi di euro, e la partecipazione agli interventi condivisi BEI per 200 miliardi e infine il fondo SURE per il contrasto alla disoccupazione. Nonché il nuovo strumento che va messo a punto al momento definito vagamente come recovery fund.
Nessun accordo è al momento sottoscritto, certo è che di fronte a un emergenza che richiede tempi rapidi di intervento, di fatto due grandi blocchi di paesi divergono su tutto. Sulle modalità e sull’ammontare che andrebbero a competere sui singoli paesi.
Nel frattempo le aziende ferme per il lockdown sono in attesa di interventi rapidi e sufficienti a coprire le perdite che si sommano ogni giorno che passa. Mentre i cittadini restano in attesa, dato che al momento nel nostro paese non si è concretizzato ancora nulla degli interventi preannunciati.
Il tempo in questi casi inediti quanto straordinari e ampi nella portata sono fattori cruciali nella riuscita degli obiettivi. Oltre le scadenze le aziende potrebbero trovarsi di fronte crisi irreversibili, per quanto sostenute, ma con ritardi eccessivi.
L’evento straordinario della pandemia certamente ha rivelato nella sostanza quel che l’europa di fatto è: un accordo tra stati con interessi nazionali divergenti, un esito scontato per i più critici, meno palese per altri che nel progetto europeo avevano affidato i loro destini.
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