Oltre 50 brands del comparto retail non food (tra cui OVS, Coin, Gruppo Calzedonia, Liu Jo, Twinset, Percassi, Rinascente, Pinko e molti altri), e quindi escluse dal decreto “Cura Italia”, hanno sottoscritto una lettera aperta al Presidente del Consiglio, al MISE e al MEF per proporre alcune misure volte a limitare i danni dell’emergenza in atto.
“Non chiediamo soldi a pioggia. Chiediamo misure”, esordisce la lettera, sottolineando che “il solo settore retail non food rappresenta 110 miliardi di fatturato, un milione di lavoratori, quasi 5 miliardi di contributi versati ogni anno. Oltre 20 miliardi di IVA. Almeno 15 miliardi di affitti”.
Le aziende coinvolte evidenziano alle istituzioni che a differenza degli altri settori inclusi nel decreto, la loro principale voce di costo è incomprimibile in quanto rappresentata dai prodotti che realizzano e vendono, mentre sono venuti a mancare del tutto gli incassi. A causa di questo squilibrio finanziario, in assenza di misure immediate molte delle aziende del comparto saranno costrette in breve tempo a cessare definitivamente l’attività.
Tra le proposte contenute nella lettera, quindi, la prima è che tutte le aziende che realizzano la maggior parte del proprio giro d’affari attraverso negozi, ad eccezione dei settori non interessati dai provvedimenti di chiusura, debbano essere assimilate alle filiere in crisi, come definite dal decreto “Cura Italia”. Inoltre, gli obblighi di pagamento dovrebbero essere posticipati almeno fino a settembre e ci dovrà essere una revisione degli affitti anche dopo la riapertura.
Secondo le imprese che hanno sottoscritto la lettera, si dovrà attuare uno slittamento a settembre anche dei termini di pagamento dell’IVA e dei contributi, la cancellazione di IMU e TARI per il periodo di crisi e la riduzione delle aliquote IRES almeno sino a tutto il 2021. Infine, tra le proposte più urgenti anche la depenalizzazione dei reati tributari per dichiarazioni regolari ma mancati versamenti e l’immediata immissione di liquidità tramite le banche, per compensare la mancanza di capitale circolante.
Per quanto riguarda la ripresa, i firmatari della lettera auspicano sgravi contributivi pari al 50% sino al 2021, in modo da ridurre il più possibile il ricorso a licenziamenti; detrazioni fiscali maggiorate sugli investimenti e sulle spese di marketing; la facilitazione del credito al consumo e di soluzioni di pagamento differito, specie attraverso strumenti di pagamenti digitali e detrazioni d’imposta; infine, voucher a favore di persone fisiche per l’acquisto di beni e servizi dalle aziende operanti nei settori in crisi.
Solo parzialmente il decreto liquidità potrà chiudere qualche falla, per il resto in assenza di misure decisive, potrà decretarsi il tramonto dei piccoli incapaci di ricapitalizzarsi.
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