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HomeAttualitàAmazon Fashion: oltre 100 marchi di proprietà sotto il suo ombrello

Amazon Fashion: oltre 100 marchi di proprietà sotto il suo ombrello

Berlino ha ospitato dal 24 al 27 ottobre scorsi il primo evento di Amazon Fashion dedicato al jeans, Denim Destination, un appuntamento ludico e pieno di musica che ha colmato il vuoto lasciato nel calendario berlinese dalla scomparsa del Bread & Butter e che ha visto la partecipazione di 18 marchi di jeans al Külhaus, un’imponente cella frigorifera centenaria situata nella parte orientale della capitale tedesca.

Una buona occasione per fare alcune domande al vicepresidente di Amazon Fashion, John Boumphrey. Sostenere che il gruppo è alquanto discreto sul rivelare qualche elemento della sua strategia nella moda, anche se europea, è (purtroppo) un enorme eufemismo. Il silenzio di Amazon su questo argomento è preoccupante, se si pensa a quanto i marchi e le catene dell’universo fashion che già temevano la concorrenza dal marketplace d’origine statunitense, si stiano ora interrogando sulla valanga di marchi d’abbigliamento lanciati sul mercato da Amazon, tutti di sua proprietà. Brand su cui sono stati condotti numerosi studi che hanno messo in evidenza quanto Amazon possa diventare un potenziale concorrente diretto per i marchi partner che ospita sulla propria piattaforma.
 
Ad oggi, come ricorda John Boumphrey, il numero di marchi di proprietà di Amazon Fashion in Europa si limita a 5. “Abbiamo cominciato con Truth & Fable, un marchio femminile di capi adatti alle occasioni speciali, che propone abiti per grandi eventi”, indica a FashionNetwork.com. “In seguito abbiamo lanciato Find, maggiormente orientato verso una proposta streetstyle che punta più verso la moda. In seguito è arrivato Meraki, che propone capi basici. Poi abbiamo fatto debuttare il marchio di lingerie Iris & Lilly, e infine il brand Aurique, posizionato nell’athleisure e nello sportswear”.

Dietro a questi cinque marchi distribuiti in Europa, ci sono però altri 103 marchi di moda a comporre l’attuale offerta di Amazon nel mondo, che danno un’idea degli sviluppi che verranno sul Vecchio Continente. Queste private labels non devono essere confuse con gli altri 105 marchi detti ‘Amazon Exclusive’ contati lo scorso marzo dalla società di consulenza Gartner. Questi sono marchi di terze parti che, esulando dalla loro rete fisica e shop online, s’impegnano a vendere solamente sul portale Amazon. Che così trova l’opportunità di rafforzare un’offerta specifica con spese inferiori. In entrambi i casi, la moda è al centro del processo, con un 48% di marchi propri ed esclusivi offerti dal portale.

John Boumphrey – art director Amazon Fashion

Una cifra che può in parte spiegare il silenzio del gruppo sulle sue ambizioni nella moda. Tra il 2014 e il 2016, Amazon ha lanciato 5 marchi di moda, poi 54 nel 2017 e 44 dal 2018. Marchi spesso limitati ad alcuni mercati, ma che condividono il medesimo modello d’espansione, lasciando presagire una moltiplicazione dell’offerta. “Come negli USA, in Europa Amazon sta conducendo uno sforzo organizzato per rafforzare i suoi marchi di punta”, sottolinea Gartner. “I fondamentali definiti da Find sono usati come trampolino di lancio per espandersi in nuove categorie”, come avvenuto nella cosmetica il 24 ottobre, quando Amazon Europe ha lanciato il marchio di prodotti di bellezza Belei.
 
“Il nostro modello mira a offrire ai consumatori scelta, valore e praticità. Quando chiediamo ai nostri clienti cosa vogliono, rispondono: più offerta, più stili, più colori”, afferma John Boumphrey. “La ragione per cui lanciamo questi marchi di nostra proprietà è che li vediamo e consideriamo come un complemento (a quelli del marketplace, ndr.). Sempre con l’approccio di offrire buona qualità ad un buon prezzo”.
 
Il fatto è che il prezzo è una parte essenziale del ruolo svolto da questi marchi di proprietà diretta. Come Gartner rivelava già lo scorso anno, queste etichette sono quasi sempre posizionate tra l’entry level e la media gamma, nel segmento inferiore di quest’ultima categoria, in una “zona neutra” trascurata dall’offerta esistente, ed identificata dalle magie dei big data.

La mappatura di quest’offerta è definita con più precisione dallo specialista dei dati Marketplace Pulse, che ha setacciato 10.000 prodotti a marchio Amazon sulla versione americana del portale, di tutti i settori. Ne è emerso che il 49% di questi prodotti è venduto a meno di 20 dollari, contro il 12,1% venduto ad oltre 50 dollari. Ancora più intrigante, l’89% di questi marchi ha meno di 100 referenze, il 25% ne propone addirittura meno di 10. Il tutto su un lotto di marchi ancora orientato per il 47,7% su moda, calzature e gioielli.

“Molti dei marchi (propri di Amazon, ndr.), soprattutto nell’abbigliamento, puntano a un tipo di cliente specifico o rispondono alla richiesta per un particolare tipo di prodotto”, afferma l’autore del rapporto, Juozas Kaziukénas, che ricorda la capacità del gruppo di fare ordinazioni in grandi quantità per abbassare i prezzi di vendita. “Di conseguenza, tanti di essi sono di piccole dimensioni. Dall’altro lato, marchi generici come Amazon Basics cercano di comprendere migliaia di prodotti per conquistare la fiducia dei clienti con un solo brand”.

Si distinguono così due tipi di marchi di proprietà. Da un lato quelli che mostrano chiaramente la loro derivazione diretta, come il marchio di articoli per la casa Amazon Basics, quello di gioielli Amazon Collection, o il brand d’abbigliamento uomo/donna Amazon Essentials. Dall’altro appaiono marchi più anonimi, come Simple Joys (moda bambino), Goodthreads (moda uomo), o Daily Ritual e Lark&Ro (moda femminile). Questi ultimi sarebbero meno performanti dei primi, essendo più vocati ad attrarre per il loro prezzo che per la loro riconoscibilità come brand, come una private label di alimentari della grande distribuzione.

Questo non ha impedito alle label di Amazon di raggiungere una certa notorietà. Lo studio condotto lo scorso anno da Coresight presso 1.700 consumatori americani d’abbigliamento (il 45,9% di loro aveva comprato prodotti di moda su Amazon quell’anno) mostrava che il 18,8% si era detto interessato da quest’offerta di prodotti di moda e calzature. L’11% ne aveva già acquistati alcuni.

I giovani di 18-29 anni sono coloro che mostrano il maggiore interesse sia per queste etichette di proprietà che per Prime Wardrobe, o per la potenziale apertura di negozi fisici dedicati ad Amazon Fashion. Tuttavia, è anche il pubblico meno disposto ad indicare un marchio Amazon come suo brand preferito. 
 
Amazon Fashion rimane infatti ampiamente considerata una piattaforma con prezzi scontati. Che si tratti di etichette proprie o marchi di terze parti, il 48% i clienti vanno sul marketplace aspettandosi di pagare meno che altrove. Addirittura il 32% di loro dichiara di andarci prima di tutto per i prezzi, contro l’11,5% che entra nel sito per le tendenze che vi sono presentate, secondo Coresight.
 
Ma Amazon Fashion non teme di sembrare un concorrente diretto dei suoi partner? No, a sentire John Boumphrey. “Riteniamo che Amazon sia uno spazio favoloso per i marchi: questi affermano di apprezzare la possibilità di raggiungere il nostro vasto pubblico”, spiega il vicepresidente. “E sviluppiamo strumenti specifici per supportare i marchi nel loro sviluppo”.
 
Sembrerebbe, tuttavia, che lo shopping effettuato su Amazon Fashion negli USA sia realizzato a discapito di altri attori. Secondo Coresight, I clienti statunitensi indicano che gli importi ora spesi sul portale hanno sconfinato nei budget per l’abbigliamento precedentemente stanziati per Target (secondo il 30,3% del campione), Walmart (24,9%), Old Navy (16,6%), Gap (8,1%) e Forever 21 (7%). Un assorbimento dei budget portato a riprodursi in ogni area interessata dai brand di moda di Amazon. 
 
Ed è questa realtà che rende Amazon quasi sempre evocato come una minaccia nelle conferenze dedicate al retail. Negli Stati Uniti, dove sembra sia ormai diventato il principale distributore di abbigliamento e dove l’AAFA (American Apparel and Footwear Association) cerca di mettere in guardia i consumatori sui prodotti contraffatti presenti su alcuni suoi portali. Ma anche in Europa, dove la sua ascesa è osservata con preoccupazione dagli attori nazionali, dai marchi con reti di negozi fisici ai pure-players. E il silenzio del management di Amazon Fashion Europe sulle sue ambizioni non è proprio rassicurante.

Impossibile quindi farsi un’idea dello sviluppo di ‘Prime Wardrobe’ in Europa, con John Boumphrey che semplicemente si rallegra del suo lancio lo scorso anno nel Regno Unito e in Germania un mese fa. “L’idea è di portare il camerino di prova nel proprio salotto”, riassume il dirigente, che fa riferimento alla box che permette di ricevere una selezione di prodotti per pagare solo i prodotti tenuti, mentre gli altri vengono rispediti indietro gratuitamente. Nel frattempo, Amazon continua a dedicarsi alla produzione su richiesta con The Drop, un’offerta di capi disegnati da vari influencer e messi in vendita per sole 30 ore o fino al raggiungimento del limite dei prodotti disponibili.
 
L’anno scorso, Amazon ha lanciato circa 23.000 prodotti con i suoi 406 marchi propri o esclusivi (dati Marketplace Pulse). Oggetti che hanno totalizzato quasi 1,4 milioni di recensioni dei consumatori, che garantiscono loro un buon posizionamento nella SEO del motore di ricerca interno di Amazon. Motore di ricerca che, secondo il rapporto “Enabling Experience-Driven Commerce Anytime, Anywhere” del 2018, è ormai più utilizzato di Google dagli americani alla ricerca di prodotti su Internet.

Trends Reporter © riproduzione riservata

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