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Il Governo valuta il taglio dell’Iva per settori o cashless

Dal taglio ‘a tempo’ solo per alcuni settori, i più martoriati dalla crisi legata alla pandemia, alla riduzione solo per i pagamenti digitali, fino alla sforbiciata selettiva su alcuni beni di largo consumo. Le ipotesi allo studio per il taglio dell’Iva accennato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nell’ultima giornata degli Stati Generali sono molte e tutte in corso di valutazione in attesa del ‘recovery plan’ che il governo presenterà a settembre e che getterà le basi della prossima manovra finanziaria.

Il problema numero uno quando si parla di riduzione dell’Iva è il costo. Una riduzione (o una rimodulazione) dell’aliquota è stata tra le ipotesi valutate in molti programmi di governo, mai realizzata proprio per la difficoltà di reperire coperture adeguate. Gli unici cambiamenti degli ultimi anni sono stati anzi al rialzo, legati alle clausole di salvaguardia dei conti pubblici che ogni anno hanno inevitabilmente pesato sulle leggi di bilancio, limitandone spesso la stessa portata.

Il Decreto Rilancio e la sospensione del Patto di stabilità europeo di fronte all’emergenza Covid hanno garantito, ora, al governo la possibilità di cancellare definitivamente gli aumenti di Iva e accise che gravavano sul 2021 (21 miliardi di euro e poco più) e sul 2022 (circa 27 miliardi), permettendo di guardare oltre e valutare ora nuovamente l’eventualità di un taglio per rilanciare i consumi.

Secondo i calcoli contenuti proprio nella relazione tecnica del decreto, il taglio di un punto dell’aliquota ordinaria del 22% vale circa 4,37 miliardi e dell’aliquota ridotta del 10% vale poco meno di 2,9 miliardi. Perché una riduzione generalizzata possa effettivamente farsi sentire sulle tasche degli italiani, il costo per i conti pubblici sarebbe dunque tutt’altro che marginale. Da qui le ipotesi di lavoro più o meno selettive in modo da favorire comunque le fasce di popolazione o di piccole imprese che più ne hanno necessità.

Una delle idee sul campo da tempo è quella di un passaggio di alcuni beni al 22%, considerati di larghissimo consumo, nella fascia di aliquota ridotta, ma – alla luce dell’impatto economico del lockdown – si ragiona ora anche sulla possibilità di favorire, tramite la riduzione, alcune filiere particolarmente colpite, come quella del turismo e della ristorazione nei servizi o dell’auto nell’industria.

Tema di cui si è ragionato anche in occasione dell’ultima legge di bilancio resta peraltro quello di garantire uno ‘sconto’ sull’Iva per i pagamenti digitali, indicati da sempre dal governo come strada maestra per combattere l’evasione fiscale e recuperare risorse utili proprio alla riduzione delle tasse.

Trends Reporter © riproduzione riservata

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